N.2 – Anno 2 – Luglio 2018

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Introduzione

Patrizia Giannatempo
S.C. Oncologia Medica, IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano

Il tumore della vescica è al 9° posto in termini di incidenza di cancro nel mondo (tasso standardizzato di età 5,3/100.000, 9,0 per i maschi, 2,2 per le donne), con circa 430.000 nuovi casi diagnosticati nell’anno 20121. Circa l’80% dei pazienti presentano malattia non muscolo infiltrante alla diagnosi (NMIBC), 15% una malattia muscolo-infiltrante (MIBC) e il 10-15% malattia metastatica all’esordio. I pazienti affetti da carcinoma uroteliale metastatico (mUC) vengono trattati con chemioterapia di prima linea contenente cisplatino secondo regime MVAC (metotrexate, vinblastina, adriamicina e cisplatino) oppure cisplatino+gemcitabina. Il regime MVAC, pubblicato per la prima volta nel 1985, ha rivelato importanti risposte e migliorato la sopravvivenza nei pazienti con mUC2. Da allora, ci sono stati pochi progressi nel trattamento di prima linea di pazienti con mUC. Ad esempio, la combinazione di gemcitabina/cisplatino è meno tossica ma probabilmente meno efficace che MVAC. Nei pazienti con carcinoma uroteliale localmente avanzato e metastatico la chemioterapia di prima linea si traduce in un tasso di risposta globale (ORR) del 50-70%, una mediana libera da progressione (PFS) di 7-9 mesi e mediana di sopravvivenza globale (OS) di 12-15 mesi5,6. La maggior parte dei pazienti trattati con chemioterapia di prima linea va incontro a progressione entro un breve periodo e si stima una OS mediana di 6-9 mesi. I pazienti che progrediscono dopo 12 mesi dal termine della chemioterapia di prima linea, perciò considerati ancora sensibili al platino, è appropriato trattarli nuovamente con un regime a base di cisplatino o carboplatino. Tuttavia, la maggior parte dei pazienti recidiva entro 12 mesi dal trattamento chemioterapico di prima linea e per questi soggetti non rimane alcun consenso internazionale in merito al trattamento ottimale. I pazienti candidati a trattamenti di seconda linea con carcinoma uroteliale solitamente sono anziani (età mediana alla diagnosi 73 anni), frequentemente hanno molte comorbidità e presentano una malattia velocemente in crescita. Il primo studio di fase III pubblicato nel 2009, confrontava la migliore terapia di supporto (BSC) con la mono-chemioterapia con vinflunina. Questo studio ha dimostrato un tasso di risposta dell’8,6% con un vantaggio di sopravvivenza di 2,6 mesi nel gruppo di pazienti che avevano ricevuto la vinflunina. La OS mediana dimostrata era di 6,9 mesi nel gruppo di pazienti trattati con vinflunina vs 4,3 mesi nel gruppo BSC (p = 0,040). In nessuno dei due gruppi si è ottenuta una risposta completa di malattia ma l’8,6% dei pazienti ha ottenuto una risposta parziale di malattia. Questo studio ha portato l’EMA nel 2009 ad approvare la vinflunina come terapia di seconda linea nel cancro uroteliale. Vinflunina non è registrata negli Stati Uniti. La vinflunina è una alcaloide semi-sintetico della vinca di seconda generazione, interagisce con la tubulina e sopprime l’assemblaggio e la crescita-decrescita dei microtubuli, che sono componenti essenziali del fuso mitotico e del citoscheletro. La seconda linea standard negli Stati Uniti, o in Europa in alternativa alla vinflunina, è rappresentata dalla chemioterapia con taxani in monoterapia o in combinazione con altri chemioterapici. Il taxolo in monoterapia ha una attività modesta, in studi di fase II con casistica limitata il paclitaxel ha dimostrato un tasso di risposta in seconda linea del 5-10% con OS mediano di 6,5-7,2 mesi. Il docetaxel è stato valutato in 31 pazienti, 4 (13%) hanno ottenuto una risposta parziale di malattia con una OS mediana di 9 mesi e il 60% ha richiesto una riduzione della dose per tossicità. Choueiri et al. in uno studio condotto su 72 pazienti trattati con docetaxel tri-settimanale (75 m/m2), ha documentato una risposta parziale di malattia in otto pazienti (7%) e un OS mediana di 7 mesi. Il taxolo in combinazione con altri chemioterapici ha ottenuto maggiori benefici di risposta. La combinazione più ampiamente studiata è paclitaxel+gemcitabina (PG), per il probabile effetto si-
nergico. Cinque studi di fase II con casistica compresa tra 20 e 54 pazienti, hanno valutato l’effetto di PG come trattamento di seconda linea riportando una risposta del 30-60% e un OS mediana di 11,3-14,4 mesi. Un altro studio ha randomizzato 102 pazienti al trattamento con PG (gemcitabina 1.000 mg/m2 nei giorni 1 e 8 e paclitaxel 175 mg/m2, trisettimanale) per 6 cicli o fino a progressione, riportando percentuali di risposta globale (ORR) del 38-42%. La PFS mediana è stata di 4 e 3,1 mesi e la OS mediana di 7,8 mesi. Per concludere, la somministrazione di combinazione di farmaci chemioterapici contenenti taxolo ha ottenuto migliori risposte rispetto alla monoterapia con taxolo (15-60%) e una valida alternativa in Europa è la mono-chemioterapia con vinflunina. Sia per taxolo che per vinflunina è di notevole importanza la selezione dei pazienti e una adeguata terapia di supporto al fine di preservare il più possibile la qualità di vita e minimizzare il rischio di decadimento delle condizioni generali del paziente correlato alla tossicità da chemioterapia.

Lunga durata della risposta parziale di malattia dopo chemioterapia di II linea con vinflunina in paziente con carcinoma della vescica metastatico

Domenico Germano
A.O. G. Rummo, Benevento

INTRODUZIONE

Il cancro della vescica rappresenta per incidenza il quarto tumore in Europa ed è il più frequente del tratto genito-urinario. Alla diagnosi, un terzo dei casi presenta una malattia muscolo-invasiva e il 20% è in fase metastatica già all’esordio. Circa la metà dei pazienti con malattia muscolo invasiva nonostante il trattamento con cistectomia radicale e chemioterapia adiuvante, svilupperà una malattia metastatica. Lo standard di trattamento di prima linea della malattia metastatica è rappresentato da schemi a base di sali di platino (cisplatino+gemcitabina, M-VAC). L’unico farmaco, invece, con il più alto livello di evidenza, approvato in Europa per il trattamento di seconda linea, è rappresentata dalla vinflunina.

CASO CLINICO

Paziente di sesso maschile di 60 anni, nel giugno 2013, in seguito ad un episodio di ematuria macroscopica, eseguiva una cistoscopia con evidenza di una mammellonatura della parete vescicale, pertanto eseguiva una TURV diagnostica e stadiante che era positiva per un carcinoma uroteliale muscolo-invasivo (pT2G2). Completava la stadiazione praticando ad agosto 2013 una TC total body e scintigrafia ossea negative per localizzazioni a distanza, pertanto veniva sottoposto a settembre 2013 ad intervento di cistectomia radicale con confezionamento di neovescica ileale. L’esame istologico definitivo documentava un carcinoma uroteliale nodulare poco differenziato infiltrante la parete vescicale e il parenchima prostatico sottostante a livello del trigono (pT4a G3), tutti i linfonodi analizzati erano esenti da metastasi (pN0). A novembre 2013 veniva avviato a trattamento chemioterapico adiuvante con schema carboplatino e gemcitabina (valore di clearance creatinina pari a 50 ml/min), che il paziente praticava per 4 cicli fino a gennaio 2014. Il successivo follow-up risultava negativo fino a novembre 2014, quando la PET-TC di controllo evidenziava una ripresa linfonodale pelvica destra di malattia: “lieve iperaccumulo del radiofarmaco (SUV max 2.7) in corrispondenza di quota di tessuto denso localizzato al polo inferiore della nota formazione cistica che decorre lungo il margine anteriore dello psoas di destra, mal separabile dall’uretere destro e da linfoadenopatie iliache. Concomitano formazioni linfonodali tenuemente ipercaptanti, localizzate in sede iliaca esterna ed inguinale di destra (SUV max 2)” (Fig.1). Si riprendeva trattamento con carboplatino e gemcitabina fino a febbraio 2015 quando la PET-TC di rivalutazione evidenziava progressione sempre linfonodale pelvica di malattia. A questo punto, in considerazione delle ottime condizioni generali (PS 0 sec ECOG), si intraprendeva trattamento di seconda linea con vinflunina a dose di 320 mg/m2 e profilassi primaria con GCSF. Il paziente alla decima giornata ha lamentato mucosite G2 per una durata di circa 5 giorni trattata con sintomatici ed antimicotici con completa risoluzione, per cui dal ciclo seguente si è deciso di ridurre la dose di vinflunina a 280 mg/m2 mantenendo ad ogni ciclo successivo la profilassi primaria con G-CSF.

La prima rivalutazione a marzo 2015, dopo 3 cicli di terapia, evidenziava una risposta parziale (RP) della lesione linfoadenopatica con negativizzazione metabolica alla PET (Fig. 2), per cui si è continuato il trattamento alla stessa dose. La rivalutazione dopo 6 e 12 cicli confermava la RP. Il paziente in buone condizioni e tollerando ottimamente il trattamento sta proseguendo la terapia senza interruzione (ad aprile 2018 ha praticato il 46° ciclo) con ultimo controllo strumentale nel febbraio 2018 che evidenzava la stabilità morfologica che si accompagna alla negatività metabolica: “L’attuale esame non ha messo in evidenza sostanziali modificazioni rispetto al precedente controllo permanendo negativo, nei limiti del potere di risoluzione della metodica, per la presenza di aree di iperaccumulo del radiofarmaco di significato patologico nei distretti corporei esaminati. Morfologicamente stabili e prive di significativo incremento dell’attività metabolica appaiono attualmente le formazioni linfonodali già segnalate nei precedenti controlli caudalmente ai vasi renali di destra” (Fig. 3). Il paziente prosegue a tutt’oggi il suo piano terapeutico.

DISCUSSIONE

Prima dell’approvazione di vinflunina, nel carcinoma della vescica metastatico le alternative terapeutiche nei pazienti in progressione dopo un trattamento a base di platino si basavano sull’impiego di singoli farmaci, quali gemcitabina, docetaxel, paclitaxel, o di associazioni (gemcitabina e paclitaxel), supportati da soli studi di fase II, non randomizzati, condotti su piccoli gruppi di pazienti (inferiori a 45) con caratteristiche ete-
rogenee e differenti profili di rischio. Anche il timing del trattamento a base di platino era variabile nei vari studi: prima linea, adiuvante o neoadiuvante. Allo stato attuale, vinflunina rappresenta l’unico farmaco chemioterapico ad aver dimostrato, in uno studio randomizzato di fase III, il miglioramento di vari parametri quali: la sopravvivenza complessiva e libera da progressione, le percentuali di risposte obiettive e di controllo della malattia dei pazienti in progressione dopo un trattamento a base di platino rispetto alla terapia di supporto. L’efficacia di vinflunina è in seguito stata confermata da una serie di esperienze di studi osservazionali sul suo utilizzo nella reale pratica clinica quotidiana. Il riscontro ottenuto è una conferma dell’attività del farmaco in termini di controllo di malattia in circa il 50% della popolazione e di una sopravvivenza mediana tra gli 8 e i 10 mesi.

CONCLUSIONI

Il nostro caso sicuramente eccezionale per la durata del trattamento di quasi 3 anni (46 cicli), dimostra come l’attività e l’efficacia di vinflunina siano indipendenti dalla progressione dopo un trattamento adiuvante o di prima linea. Il trattamento con vinflunina (con il dovuto aggiustamento di dose sulla base della sensibilità del paziente) ha consentito di mantenere il controllo della malattia da quasi 3 anni con buone condizioni cliniche ed ottima qualità di vita.

Rechallenge di vinflunina: risposta completa in paziente con carcinoma uroteliale della vescica

Gianluca Del Conte, Valentina Burgio
U.O. Oncologia Medica, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano

A settembre 2010, una donna di 50 anni con anamnesi patologica remota muta, è stata sottoposta ad intervento chirurgico di cistectomia radicale + linfoadenectomia; l’esame istologico deponeva per carcinoma uroteliale, stadio pT2a pN0 G3, per cui la paziente veniva avviata a programma di follow-up clinico-radiologico. I controlli hanno documentato fin dall’inizio la presenza di millimetrici noduli polmonari a destra e di uno a sinistra, non caratterizzabili, non captanti in PET e rimasti invariati fino al gennaio 2013, quando una TC ne ha evidenziato l’incremento dimensionale. Anche la PET risultava positiva, documentando un quadro polmonare con caratteristiche metaboliche di malattia.

ITER DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO

In considerazione dell’estensione di malattia, si avviava trattamento chemioterapico di prima linea secondo lo schema cisplatino + gemcitabina, di cui la paziente ha eseguito 6 cicli da febbraio a luglio 2013, con risposta parziale di malattia. In seguito a discussione multidisciplinare del caso, la paziente veniva candidata a trattamento chirurgico delle piccole lesioni polmonari, per cui veniva sottoposta ad exeresi dei tre noduli polmonari destri mediante resezione polmonare atipica (luglio 2014) e successivamente ad exeresi con resezione atipica del nodulo polmonare superiore sinistro (settembre 2014); l’esame istologico è risultato indicativo, per entrambi gli interventi, di metastasi polmonari da carcinoma uroteliale. La TC di febbraio 2015 ha evidenziato progressione polmonare, per cui si avviava chemioterapia di seconda linea con vinflunina alla dose di 320 mg/m2 somministrata al 100%, di cui sono stati eseguiti 7 cicli da febbraio a luglio 2015, con risposta completa di malattia. Il trattamento è risultato nel complesso ben tollerato, ad eccezione di una tossicità ematologica di grado 3 che ha richiesto il supporto di G-CSF dal ciclo 2. Alla luce del risultato ottenuto, la paziente chiedeva di sospendere le terapie, manifestando rifiuto nei confronti della loro prosecuzione. Il successivo follow-up clinico-radiologico è risultato negativo per quasi un anno finché la TC eseguita nel mese di giugno 2016 ha documentato recidiva polmonare di malattia. In considerazione del tempo intercorso tra la fine della terapia precedente e la recidiva, e tenuto conto della complessiva buona tollerabilità al trattamento, si decideva di riprendere terapia con vinflunina ridotta del 20%. Anche con il rechallenge del trattamento la paziente è andata incontro a risposta completa di malattia. Il trattamento veniva sospeso a novembre 2016, dopo 7 cicli, per quadro di neutropenia febbrile (scarsa compliance della paziente ad eseguire le somministrazioni di G-CSF) che ha richiesto il ricovero della paziente stessa.
Il seguente follow-up si è mantenuto negativo per oltre un anno: la TC di dicembre 2017 ha evidenziato ulteriore recidiva polmonare di malattia, per la presenza di una lesione solida a livello del lobo polmonare inferiore destro. In considerazione della malattia oligometastatica e della scarsa aderenza della paziente ai trattamenti di supporto prescritti in corso di chemioterapia, la stessa veniva sottoposta ad intervento chirurgico di lobectomia polmonare inferiore destra con exeresi di linfonodi peribronchiali; l’esame istologico finale confermava la localizzazione polmonare di carcinoma uroteliale; linfonodi indenni.

Riavviata a stretti controlli clinico-radiologici, la paziente è, ad oggi, libera da malattia (ultima TC eseguita il 7 maggio 2018).

CONSIDERAZIONI CLINICHE E CONCLUSIONI

La paziente fa parte del 50% dei casi, descritti in letteratura, di malattia muscolo-infiltrante resecata che sviluppa recidiva locale o a distanza. È una storia di patologia oligometastatica da tre anni, con esclusivo coinvolgimento polmonare, perciò l’obiettivo è stato fin dall’inizio garantire una prospettiva terapeutica che determinasse la maggior riposta ai trattamenti instaurati. Proprio in tale ottica, è stata anche integrata la chirurgia della malattia residua: studi retrospettivi hanno infatti documentato come, in pazienti selezionati (buon PS, malattia residua minima e risposta al trattamento sistemico instaurato), il trattamento chirurgico possa anch’esso contribuire al miglioramento della sopravvivenza libera da malattia. La combinazione chemioterapica di cisplatino con gemcitabina è l’attuale gold standard in prima linea nei pazienti fit per il cisplatino, garantendo tassi di risposta pari al 49% come evidenziato nello studio di fase III che lo ha confrontato con il regime M-VAC. In seconda linea, a fallimento di un precedente regime platinum-based, i vari chemioterapici testati (taxani, combinazione di taxani e gemcitabina, pemetrexed, vinblastina) hanno riportato modesta/scarsa attività antitumorale. In questo setting, la vinflunina ha invece dimostrato, in uno studio di fase II e successivamente nello studio di fase III, di determinare un buon controllo della malattia, con un discreto profilo di tollerabilità. Nel caso clinico, la paziente ha sperimentato una tossicità da vinflunina del tutto in linea con quanto atteso, sia la prima volta sia con il rechallenge. Nelle neoplasie uroteliali, è ancora poco noto il beneficio derivante da un ritrattamento con agenti usati in precedenza. Sembra ragionevole considerare il rechallenge di un regime a base di platino nei pazienti fit e con un lungo intervallo libero da malattia (almeno 12 mesi). Nel caso in oggetto, tuttavia, la paziente è andata incontro a progressione di malattia in un breve arco di tempo rispetto alla fine della prima linea (il che l’ha resa non candidata ad un ritrattamento con cisplatino), mentre non è mai andata in progressione in corso di terapia con vinflunina; tale trattamento ha, anzi, determinato una risposta completa anche con il suo reimpiego e un lungo intervallo di tempo libero da malattia (quasi un anno tra il primo trattamento e il rechallenge e oltre un anno tra la fine del rechallenge e la recidiva). Inoltre, l’efficacia della vinflunina, sia al primo che al secondo utilizzo, non si è realizzata a scapito di un peggioramento della qualità di vita della paziente né del profilo di tollerabilità del farmaco. Questa esperienza suggerisce che è fattibile un ritrattamento con vinflunina, con una buona tolleranza e un lungo controllo di malattia.

Management di vinflunina in un paziente anziano affetto da metastasi di carcinoma uroteliale

Ernesto Rossi, Giovanni Schinzari
Oncologia Medica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

CARATTERISTICHE DEL PAZIENTE

Paziente di 80 anni all’esordio della malattia, in condizioni generali discrete con performance status (ECOG): 1. Fumatore di circa 20 sigarette al giorno dall’adolescenza. Affetto da ipertensione arteriosa in trattamento con sartani, aneurisma dell’aorta addominale per cui è stata inserita una protesi aorto-bisiliaca, arteriopatia arti inferiori per cui è stato sottoposto a intervento di by-pass iliaco-femorale sinistro nel 2011.

ESORDIO DELLA MALATTIA

Nel mese di febbraio del 2016 per la comparsa di ematuria, il paziente viene sottoposto ad una ecografia dell’addome che evidenzia un ispessimento della parete posteriore della vescica esteso al trigono. La successiva cistoscopia documenta una neoformazione della parete posteriore, che è parzialmente resecata per via endoscopica. L’esame istologico delle biopsie effettuate dimostra un carcinoma uroteliale di alto grado muscolo-infiltrante. La TC toraco-addominale conferma la neoplasia della parete posteriore della vescica estesa al tessuto adiposo periviscerale; non sono presenti linfonodi iliaco-otturatori di dimensioni aumentate né metastasi a distanza (Stadio cT3N0).

TRATTAMENTO

Dopo valutazione multidisciplinare, viene programmato un trattamento antineoplastico con finalità neoadiuvante, seguito da nuova rivalutazione radiologica ed eventuale cistectomia radicale. Dal mese di aprile 2016 al mese di giugno 2016 il paziente effettua tre cicli di terapia antineoplastica sistemica con carboplatino (AUC 5, giorno 1) e gemcitabina (1.000 mg/m2, giorni 1 e 8), ogni 21 giorni. Il trattamento viene ben tollerato.

Intervento chirurgico

La TC toraco-addominale di rivalutazione evidenzia la riduzione del tumore primitivo vescicale che non si estende più ai tessuti perivescicali; non sono presenti linfonodi di volume aumentato né metastasi a distanza. Il paziente viene quindi sottoposto in data 24 luglio 2016 a cistectomia radicale con derivazione urinaria secondo Bricker. Non viene effettuata una linfoadenectomia per una sindrome aderenziale in esito ai precedenti trattamenti chirurgici. Esame istologico: carcinoma uroteliale di alto grado infiltrante la parete muscolare ma non il tessuto adiposo periviscerale. Stadiazione: cT3Nx ypT2Nx.

Sorveglianza oncologica

Il caso viene discusso nuovamente in ambito multidisciplinare. È stata ottenuta una sottostadiazione ma non una risposta completa. Inoltre non è stata effettuata la linfoadenectomia. Viene valutata la possibilità di radioterapia sulle stazioni linfonodali pelviche, che viene esclusa in relazione ai precedenti trattamenti per le problematiche vascolari. Si imposta un programma di sorveglianza oncologica. La TC toraco-addominale del mese di ottobre 2016 non mostra segni macroscopici della malattia.

Evidenza di malattia metastatica

Un nuovo controllo TC torace-addome con mdc del mese di febbraio 2017 evidenzia multiple metastasi linfonodali conglobate che avvolgono l’aorta addominale sottorenale e si estendono alle arterie iliache bilateralmente (Fig. 1A).

Inizio terapia con vinflunina

Dal mese di marzo 2017 viene intrapreso un trattamento antineoplastico con vinflunina 320 mg/m2, g.1 ogni 21 giorni associato a profilassi primaria con fattori di crescita granulocitari e con lassativi emollienti. Nonostante la profilassi, il primo ciclo di terapia è complicato da neutropenia G3, astenia G2, stipsi G1, anoressia G1. A partire dal secondo ciclo di terapia, la posologia di vinflunina viene ridotta a 280 mg/m2, g.1 ogni 21
giorni, mantenendo la profilassi per la neutropenia e la stipsi. Dal secondo al quarto ciclo, il trattamento è gravato da anemia G1, anoressia G1, astenia G1. La TC torace-addome con mdc dopo il quarto ciclo (giugno 2017) mostra una netta riduzione delle metastasi linfonodali (Fig. 1B). Il trattamento con vinflunina viene proseguito alla medesima posologia riportando la stessa tossicità di grado lieve osservata dopo il secondo ciclo, senza significativo impatto sulle attività della vita quotidiana del paziente. Dopo l’ottavo ciclo di terapia (ottobre 2017), la TC torace-addome con mdc mostra una risposta completa al trattamento. Viene proseguita la terapia con vinflunina alla stessa posologia, senza peggioramento della tossicità. I controlli radiologici successivi (TC mese di gennaio e aprile 2018) non evidenziano sino ad oggi segni di ripresa della malattia.

DISCUSSIONE

Il paziente è affetto da metastasi linfonodali di carcinoma uroteliale, che si sono manifestate meno di 12 mesi dalla fine del trattamento neoadiuvante con derivati del platino e gemcitabina. La neoplasia platino-resistente è stata trattata con vinflunina, ottenendo una risposta completa che permane oltre un anno dopo l’inizio del trattamento. Il primo ciclo è stato gravato da una tossicità ematologica G3, che poi è stata ben controllata con la riduzione della posologia e l’impiego di fattori di crescita granulocitari. Come dimostra una nostra recente esperienza (Schinzari G, et al.), anche la stipsi è stata ben controllata impiegando in profilassi lassativi emollienti. La vinflunina è l’unico farmaco citotossico ad aver dimostrato un vantaggio in uno studio di fase III randomizzato nel carcinoma uroteliale resistente ai derivati del platino. Il raggiungimento di una risposta obiettiva può determinare, come il caso descritto dimostra, anche un vantaggio in termini di sopravvivenza.

CONCLUSIONI

La modulazione della posologia di vinflunina e una adeguata gestione delle complicanze del trattamento hanno consentito di trattare un paziente anziano affetto da metastasi di carcinoma uroteliale, precedentemente sottoposto a una terapia a base di platino e con tempo alla recidiva inferiore ai 12 mesi. Il trattamento con vinflunina ha permesso di ottenere una risposta completa prolungata mantenendo anche una buona qualità di vita.

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