Anno 3 – Numero 2 – Maggio 2019

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Carcinoma uroteliale avanzato: real-word evidence con vinflunina

A cura della redazione scientifica

 

INTRODUZIONE

Il carcinoma uroteliale (CU) colpisce gli uomini più spesso delle donne e il picco di incidenza è nella settima decade di vita. Anche se i CU si localizzano solitamente nella vescica, possono sorgere in qualsiasi zona del tratto urinario, dalla pelvi renale all’uretra¹. Alla diagnosi, un terzo dei casi presenta una malattia muscolo-invasiva e, nonostante un trattamento aggressivo rappresentato generalmente dalla cistectomia radicale e dalla chemioterapia adiuvante, il 50% dei pazienti svilupperà metastasi a distanza³, i siti più comuni di metastasi sono i linfonodi, i polmoni e le ossa¹.

I dati puntuali riguardanti il contesto clinico italiano sono stati evidenziati nelle ultime linee guida dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), pubblicate nel 20182.

 

Carcinoma uroteliale della vescica

In Italia nel 2017 sono stati registrati 27.000 nuovi casi di tumore della vescica (21.700 tra gli uomini e 5.300 tra le donne), pari al 7% di tutti i tumori incidenti. Il trend di incidenza in Italia è in diminuzione in maniera significativa negli uomini (-1,1% per anno) e stabile nelle donne (+0,3% per anno). Al momento della diagnosi il 70% circa dei tumori uroteliali della vescica è di tipo superficiale (non infiltra cioè la tonaca muscolare) mentre il restante 30% si presenta già con infiltrazione della tonaca muscolare2.

Per quanto riguarda la mortalità, nel 2014 in Italia ci sono stati 5.610 decessi per tumore della vescica, pari al 3% dei decessi per tumore: 4.369 negli uomini (4,4%) e 1.241 nelle donne (1,5%). Il trend di mortalità è in lieve calo negli uomini (-1% per anno) ed in lieve aumento nelle donne (+1,4% per anno). Il tumore della vescica (nel suo complesso, superficiale ed infiltrante) mostra una sopravvivenza a 5 anni pari a 79%, senza significative differenze di genere. Esiste, invece, un gradiente per età: la sopravvivenza a 5 anni è pari al 96% nei giovani (< 45 anni) e si riduce con il passare degli anni fino ad arrivare a valori pari al 66% nei soggetti di età > 75 anni2.

 

Carcinoma uroteliale delle vie escretrici

Per quanto riguarda i tumori delle vie escretrici, in Italia nel 2017 sono stati registrati 2.000 nuovi casi pari a meno dell’1% di tutti i tumori incidenti. In letteratura i tumori delle alte vie escretrici rappresentano il 5-10% delle neoplasie uroteliali. Alla diagnosi il 60% dei casi si presenta come localmente avanzato. Dal punto di vista prognostico i tumori delle vie escretrici mostrano una sopravvivenza a 5 anni pari al 60%, con un forte gradiente per età: la sopravvivenza a 5 anni è pari all’84% nei giovani (< 45 anni) e si riduce con il passare degli anni fino ad arrivare a valori pari al 44% nei soggetti di età > 75 anni2.

TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DEI TUMORI UROTELIALI

Gli schemi chemioterapici di prima linea comprendenti cisplatino o carboplatino in associazione a gemcitabina (GC) o a vinblastina, methotrexate e doxorubicina (M-VAC o dose dense M-VAC) rappresentano lo standard di trattamento delle forme avanzate e metastatiche. Vinflunina rappresenta, invece, l’unico trattamento chemioterapico approvato in Europa nel carcinoma uroteliale avanzato dopo il fallimento di una precedente terapia con sali di platino. Nello studio registrativo di fase III, vinflunina, rispetto alla migliore terapia di supporto, ha dimostrato nella popolazione ITT (intention-to-treat) un miglioramento della sopravvivenza mediana superiore ai 2 mesi per il braccio sperimentale che raggiungeva la significatività statistica nel gruppo di pazienti elegibili.

Vinflunina è al momento l’unico chemioterapico ad aver dimostrato di aumentare la sopravvivenza mediana rispetto alla miglior terapia di supporto nel CU metastatico in progressione da un trattamento a base di platino. Altri chemioterapici quali gemcitabina, docetaxel, paclitaxel e pemetrexed rimangono supportati da soli studi di fase II, non randomizzati, condotti su piccoli gruppi con caratteristiche eterogenee e differenti profili di rischio. Una meta-analisi ha inoltre dimostrato che doppiette di chemioterapici utilizzate a fallimento da platino non migliorano la sopravvivenza rispetto agli agenti singoli.

Recentemente gli anticorpi monoclonali contro la proteina della morte programmata (programmed death, PD) di tipo 1 (PD-1) e i suoi ligandi (PD-L1 e PD-L2) hanno aperto nuove opportunità di trattamento per numerose neoplasie maligne avanzate, incluso il carcinoma uroteliale. Tra questi, hanno richiamato particolare attenzione pembrolizumab e atezolizumab. Il primo è un anticorpo monoclonale umanizzato IgG4k altamente selettivo, diretto contro PD-1, che si è dimostrato in grado di interferire con il legame tra PD-1 e i suoi ligandi, ostacolando la trasmissione di segnali inibitori a livello delle cellule T. L’attività anti-tumorale di pembrolizumab in pazienti con carcinoma uroteliale avanzato è stata dimostrata nello studio di fase 1b KEYNOTE-012 e nello studio di fase 2 KEYNOTE-052. Successivamente, nello studio di fase III KEYNOTE-045, pembrolizumab è risultato associato a un aumento significativo della sopravvivenza mediana ma non della PFS, nonché a una riduzione della frequenza di EA, rispetto alla chemioterapia con agente singolo a scelta dello sperimentatore nel trattamento di seconda linea del carcinoma uroteliale platino-refrattario.

Atezolizumab, che inibisce il legame tra PD-1 e PD-L1 lasciando intatto il legame di PD-L2, è risultato attivo e ben tollerato in un’ampia gamma di tumori: la sua approvazione per il trattamento dei pazienti con carcinoma uroteliale metastatico già trattato con platino si è basata sui risultati degli studi di fase 1 e 2, che hanno evidenziato risposte durature con benefici clinici a lungo termine. Nello studio di fase III IMvigor211 di confronto con la chemioterapia ad agente singolo a scelta dello sperimentatore nei pazienti in progressione da platino, atezolizumab ha fallito nel dimostrare superiorità statisticamente significativa in sopravvivenza mediana verso la chemioterapia.

Per quanto riguarda l’utilizzo in prima linea metastatica, due studi on-going (IMvigor130 e KEYNOTE-361) stanno valutando il beneficio di questi immunoterapici come agenti singoli o in associazione a platino verso schema standard a base di platino. Un’analisi ad interim ha tuttavia evidenziato nei bracci ad agente singolo una ridotta sopravvivenza dei pazienti con bassi livelli di PD-L1. Questo ha comportato, nei Paesi in cui pembrolizumab e atezolizumab sono registrati, una restrizione al loro utilizzo come agenti singoli in prima linea (Alert EMA/364553/2018), che è ora riservato ai soli pazienti con livelli sufficienti di questa proteina.

In Italia atezolizumab e pembrolizumab non sono rimborsati dal Sistema Sanitario Nazionale per il loro utilizzo nel carcinoma uroteliale.

REAL WORLD EVIDENCE CON VINFLUNINA

Nello studio registrativo di fase III, vinflunina prolungava significativamente la sopravvivenza mediana di 2,6 mesi nella popolazione eligibile (357 pazienti senza violazioni maggiori dei criteri d’inclusione) rispetto alla migliore terapia di supporto (6,9 vs 4,3 mesi), con una riduzione del 22% del rischio di morte. Tali risultati si sono mantenuti anche nel lungo termine (follow-up > 3,5 anni), con un profilo di tollerabilità accettabile.

L’efficacia di vinflunina è in seguito stata confermata da una serie di esperienze pubblicate come studi osservazionali sul suo utilizzo nella real-life clinica quotidiana. In tali studi vinflunina si è associata a valori mediani di sopravvivenza globale (OS) compresi tra 6,3 e 11,9 mesi, generalmente superiori rispetto a quanto precedentemente riportato nel trial registrativo.

 

Esperienze italiane

L’Italia ha contribuito alla ricerca sull’evidenza di vinflunina nella pratica clinica con tre studi. Il primo è stato uno studio multicentrico, denominato MOVIE, che rappresenta ad oggi il più grande studio osservazionale che abbia valutato la vinflunina nella pratica clinica su scala nazionale per il trattamento del CU avanzato/metastatico, mentre altri due studi sono stati monocentrici14-16. Lo studio MOVIE è stato condotto su un totale di 217 pazienti trattati con vinflunina in 28 centri e ha rilevato valori mediani di OS di 8,1 mesi e di sopravvivenza libera da progressione (PFS) di 3,2 mesi14, rinforzando l’evidenza a supporto del suo utilizzo nella pratica clinica, già sancito a partire dal 2015 nelle linee guida AIOM per i tumori dell’urotelio, e confermate anche nell’aggiornamento del 2018 (Fig. 1).

L’obiettivo principale era verificare se l’efficacia misurata dalla OS nello studio registrativo con vinflunina potesse essere confermata nella real-life clinica di routine. Nello studio il 77% (167/217) e il 23% (50/217) dei pazienti arruolati sono stati trattati con vinflunina come seconda o terza linea per il CU metastatico, rispettivamente, ed il 35% (76/217) dei pazienti stava progredendo a distanza di meno di 3 mesi dalla precedente chemioterapia prima di iniziare la vinflunina. I pazienti hanno ricevuto come dose di partenza 320 mg/m2 (29%), 280 mg/m2 (35%), 250 mg/m2 (24%) o 200 mg/ m2 (12%) di vinflunina ogni 21 giorni. Durante lo studio, 15 pazienti (10%) inizialmente trattati con 280 mg/m2 hanno avuto un aumento di dose a 320 mg/m2 e 39 pazienti (18%) hanno avuto una riduzione della dose, principalmente al terzo ciclo. Il numero mediano di cicli era 4 (intervallo interquartile [IQR] 2-6). In aggiunta ai risultati della OS e della PFS, la tossicità è risultata lieve e gli effetti avversi di grado 3-4 hanno incluso principalmente neutropenia (9%), anemia (6%), astenia/affaticamento (7%) e costipazione (5%).

Oltre allo studio MOVIE, altri due studi italiani, monocentrici, hanno confermato l’efficacia real-life di vinflunina nei pazienti con CU avanzato/metastatico non più sensibili al trattamento con platino.

Presso l’Istituto Nazionale Tumori “Fondazione Pascale” di Napoli è stato condotto uno studio retrospettivo spontaneo, osservazionale in cui sono stati analizzati gli esiti clinici e le tossicità di vinflunina utilizzata in 43 pazienti con CU avanzato/metastatico. Vinflunina era stata somministrata come trattamento di seconda o successiva linea. I risultati dell’analisi hanno indicato un tasso di controllo della malattia (DCR) del 29% che, includendo solo i pazienti trattati in II linea, saliva al 33%. Nei 12 pazienti che esibivano risposta parziale (PR) o malattia stabile (SD) come migliore risposta a vinflunina (gruppo DCR), la PFS raggiungeva i 7,2 mesi, mentre nei 35 pazienti trattati con vinflunina in seconda linea il valore della OS raggiungeva gli 11,8 mesi. Gli Autori di questa ricerca, infine, hanno considerato vinflunina una terapia particolarmente maneggevole, priva di problemi rilevanti in termini di sicurezza e non associata ad interruzioni del trattamento dovute a tossicità.

L’altra esperienza monocentrica è stata condotta presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, ed ha valutato l’efficacia e la sicurezza di vinflunina alla dose di 280 mg/m2 ogni 3 settimane associata alla profilassi primaria con fattori di crescita dei granulociti (G-CSF) e lassativi in 28 pazienti progrediti a platino e gemcitabina utilizzati in prima linea o in neo/adiuvante. I risultati hanno mostrato una OS di 8,5 mesi per l’intera popolazione, di 8,8 mesi per i pazienti trattati con vinflunina dopo neoadiuvante/adiuvante e di 6,7 mesi per i pazienti trattati dopo la prima linea metastatica [p = 0,27, HR 0,65 (95% CI 0,26-1,20)]. Il dato sulla PFS riportava un valore di 4,3 mesi, mentre il tasso di risposta era del 25%, con un DCR del 57,2%. Da rimarcare la durata mediana della risposta (10,6 mesi) ottenuta grazie al mantenimento dell’intensità di dose cui ha contribuito la bassa incidenza di eventi avversi.

Esperienze Europee: la REal World VinfluninE ALliance (REVEAL)

Numerose sono state le esperienze di real-life con vinflunina in Europa e questo ha spinto un gruppo di ricercatori a riunirsi nella REal World VinfluninE ALliance13 per condurre una review sistematica delle evidenze derivate da studi osservazionali condotti in diversi paesi europei.

I risultati di questa review, presentati nel corso del Genitourinary Cancers Symposium del 2018, derivano dall’analisi di 7 studi multicentrici, post-marketing, condotti tra il 2014 e il 2017, in pazienti con CU avanzato/metastatico trattati con vinflunina, e hanno annoverato una popolazione complessiva di 750 pazienti (Fig. 2). Sono stati esplorati in modo sistematico i seguenti end-point: tasso di risposta globale (ORR), PFS, OS e tossicità. Le caratteristiche dei pazienti erano comparabili tra i diversi studi presi in considerazione (Tab. 1), e i dosaggi iniziali di vinflunina variavano da 250 a 320 mg/ m2, in base alle condizioni di ciascun paziente.

La OS mediana desunta dai dati di real-world evidence variava da 6,3 a 11,9 mesi ed è risultata complessivamente superiore a quella osservata nello studio clinico. I valori mediani della PFS variavano da 2,8 a 6,2 mesi, mentre l’ORR mediano variava dal 13% al 29%. L’analisi ha inoltre confermato che la OS mediana dipende dal numero di fattori di rischio accertati. In tal senso, nei sopravviventi a lungo termine senza fattori di rischio, la OS ha raggiunto i 20,5 mesi (Tab. 2). L’analisi delle OS in funzione delle categorie di rischio, pertanto, ha confermato il ruolo dei fattori prognostici anche nella real-life.

Per quanto riguarda il favorevole profilo di sicurezza di vinflunina, questo è stato confermato (Tab. 3) coerentemente a ciò che era stato osservato negli studi clinici randomizzati. La principale tossicità di grado 3/4 era ematologica: neutropenia nell’1-23% dei pazienti e anemia nel 4-33% dei pazienti. La costipazione, invece, sembra essere meno frequente di quanto riportato in precedenza (grado 3/4 nel 5-22% dei casi).

Il programma REVEAL rappresenta la più ampia esperienza d’uso di vinflunina nei pazienti affetti da UC avanzato/metastatico pretrattati con platino. Nell’ambito della real-world evidence, vinflunina si dimostra efficace e caratterizzata da un favorevole profilo di sicurezza in una popolazione di pazienti non selezionati con criteri simili a quelli dello studio registrativo. Anche se la popolazione real-world evidence comprendeva molti pazienti con PS2, la OS mostra una tendenza migliore rispetto allo studio registrativo di fase III, ed anche il profilo di tollerabilità è risultato comparabile13.

I dati presentati suggeriscono inoltre che vinflunina può essere di maggiore beneficio nel sottogruppo di pazienti con un ECOG PS da 0 a 1, un livello di emoglobina ≥10 g/dl e normale funzionalità epatica (assenza di metastasi epatiche). Questi risultati rafforzano il ruolo di vinflunina come chemioterapia standard a singolo agente nel CU avanzato/metastatico pretrattato con platino, essendo l’unico agente validato sia da risultati di fase III che da un’estesa real-world evidence, in particolare se confrontata con i taxani o con i costi crescenti dell’immunoterapia13.

 

Studio JONAS

In tempi recenti, l’esperienza d’uso con vinflunina è stata ulteriormente approfondita da due analisi di sottogruppo relative allo studio JONAS, un trial prospettico, multicentrico condotto da Retz e colleghi incluso nel progetto REVEAL, in cui era stata valutata la risposta e la tollerabilità al farmaco nella routine clinica in 77 pazienti con CU avanzato/metastatico localizzato sia del tratto urinario superiore (n = 18) che in quello inferiore (n = 59) pretrattati con platino. Lo studio ha evidenziato come in oltre la metà dei pazienti (53,2%) si raggiungesse un controllo di malattia (risposte complete 5,2%; risposte parziali 18,2%; malattia stabile 29,9%) e una OS mediana di 7,7 mesi, confermando la buona tollerabilità e il ben riconosciuto profilo di sicurezza di vinflunina17.

La prima analisi di sottogruppo è stata condotta per indagare possibili differenze negli esiti del trattamento chemioterapico con vinflunina tra alte e basse vie, tenuto conto dello svantaggio prognostico del CU localizzato nel tratto urinario superiore rispetto al tratto urinario inferiore (dovuto ad una serie di fattori quali il grado di invasività, l’incidenza di metastasi e il tasso di recidiva). L’analisi ha essenzialmente confermato un’efficacia comparabile nei due gruppi in termini di tasso di risposta globale (22,2% e 23,7%, rispettivamente) e PFS mediana (2,76 mesi per entrambe le localizzazioni), con una differenza non statisticamente significativa per la OS mediana (5,0 mesi e 8,2 mesi, rispettivamente; p = 0,478) (Fig. 3). Il profilo di sicurezza era coerente con quanto rilevato nelle precedenti esperienze con vinflunina, con una frequenza comparabile di effetti collaterali tra i pazienti con CU del tratto urinario superiore e inferiore, principalmente in relazione alle tossicità ematologiche (di grado ≥ 3), quali leucopenia (27,8% e 13,6%) e anemia (5,6% e 6,8%), e quelle non ematologiche quali aumento degli enzimi epatici (5,6% e 3,4%) e costipazione (0% e 6,8%)18.

Questi primi dati sul trattamento con vinflunina del CU del tratto urinario superiore e inferiore non mostrano differenze significative per quanto riguarda i tassi di risposta, la sopravvivenza mediana e gli eventi avversi, suggerendo l’utilizzo di vinflunina come possibile trattamento di seconda linea indipendentemente dalla localizzazione del tumore18.

Un’altra recente analisi post-hoc di sottogruppo dello studio JONAS ha invece valutato la relazione tra la risposta al trattamento con vinflunina e gli esiti in termini di PFS e OS. L’analisi era disponibile per 72 pazienti che avevano avuto almeno una valutazione del tumore. Diciotto pazienti (25%) avevano ottenuto una risposta completa/parziale (CR/PR), ventitrè (32%) una malattia stabile (SD) e trentuno (43,1%) una progressione di malattia (PD). Questa analisi è stata presentata al congresso annuale della Società Europea di Urologia tenutosi a Barcellona dal 15 al 19 marzo 201919.

Si osservava come i pazienti con CR/PR avessero meno fattori prognostici avversi ed avessero ricevuto un minor numero di pretrattamenti palliativi, mentre quelli con PD presentavano un carico tumorale maggiore al basale. La OS e la PFS erano significativamente più lunghe nei pazienti con CR/PR rispetto a quelli con SD e PD. Nel sottogruppo di pazienti che raggiungevano CR o PR, la OS mediana era quasi 5 volte più lunga rispetto a quella dei pazienti con PD: 19,1 mesi contro 3,9 mesi; i pazienti con SD avevano una OS mediana di 9,5 mesi (Tab. 4). La PFS mediana era più breve nei pazienti con PD (1,6 mesi) ma raggiungeva i 5,7 mesi nel sottogruppo CR/PR; la PFS mediana per i pazienti con SD era di 3,8 mesi19.

CONCLUSIONI

Nell’ambito del trattamento del carcinoma uroteliale metastatico in pazienti in progressione da un trattamento a base di platino, vinflunina è al momento l’unico farmaco ad aver confermato in un così ampio contesto di real-word evidence i risultati in termini di sopravvivenza e controllo di malattia dello studio registrativo di fase III.

Alcune analisi di sottogruppo mostrano come vinflunina sia efficace indipendentemente dalla localizzazione del tumore (alte o basse vie) e come i pazienti che ottengono una risposta al trattamento con vinflunina possano raggiungere una lunga sopravvivenza mediana (19 mesi).

In generale, il contesto del trattamento del CU sta attraversando una fase di possibile evoluzione grazie ai risultati ottenuti dall’immunoterapia. Molte sono le aspettative soprattutto per quanto riguarda gli stadi più precoci di malattia, come evidenziato nello scorso congresso dell’American Society of Clinical Oncology sui tumori genito-urinari.

Nell’ambito della malattia metastatica vinflunina conserva un ruolo significativo come valida opzione per il trattamento dei pazienti in progressione dalla terapia contenente platino. Recenti esperienze cliniche su singoli pazienti21 e un’analisi presentata al congresso ASCO di quest’anno mostrano inoltre un ruolo importante della chemioterapia nel produrre un ulteriore beneficio clinico anche nel contesto della malattia metastatica in progressione da immunoterapia.

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